Dizionario garfagnino

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CÒCCO 1 (CÒCCORO)

s.m.

È l’ovolo buono, il principe dei funghi, l’amanita cesarea, dal cappello arancione, con lamelle e gambo gialli, racchiuso, da giovane, in una pellicola bianca, che lo fa sembrare un uovo, da cui il nome. Per quanto il cocco appena spuntato sia buonissimo, si deve sempre ricordare che anche le amanite mortali (falloide, verna, muscaria) sono inizialmente avvolte in una pellicola simile: è dunque non solo consigliabile, ma necessario non mangiare mai nessun prodotto del sottobosco che si presenti con un tale aspetto, se non dopo averne verificato, attraverso l’asportazione dell’involucro protettivo, il colore giallo arancio, senza puntini bianchi della cappella. Battaglia, III, 244 − dopo aver fornito la stessa accezione sopra indicata − osserva che Tommaseo riporta, con il nome di cocco, (attribuendogli l’aggettivo malefico), anche l’amanita muscaria, dal cappello rosso, costellato di punti bianchi (tipo verruche). annoverata dai micologi tra i funghi mortali. In Garfagnana non è così: il cocco è buono e commestibile; l’amanitamuscaria (come la verna e la falloide) non è un cocco. In un certo senso non si può attribuire al cocco il termine fungio ‘fungo’, almeno sotto l’aspetto lessicale. Funghi (rectius, fungi) infatti, in Garfagnana, sono solo i porcini, gli altri hanno nomi particolari: galletti (ved. infra), capre (ved. supra), gueri (ved. infra), grifoni (ved. infra), pinacci(ved. infra) e, appunto, cocchi.Battaglia, loc. ult. cit., pur non escludendo che il vocabolo sia riconducibile all’uovo (come voce onomatopeica legata al co,co,coche fanno le galline), preferisce farlo derivare dal lat. coccuma sua volta dal gr. kòkkos‘chicco, bacca’.